I nodi critici sono ormai chiari a tutti, le risorse idriche, come sappiamo, si stanno riducendo. Un’evidenza questa con cui occorrerà sempre più in futuro fare i conti.
Tra i problemi principali vi sono siccità, infestazioni e parassiti, che insieme hanno portato a una perdita sempre più significativa di colture.
Per la coltivazione di una tonnellata di riso servono 1.500 metri cubi di acqua, per produrre un chilo di carne bovina, invece, sono necessari circa 15.000 litri di acqua. Bastano questi numeri per rendersi conto di quanta acqua dolce consumiamo e abbiamo bisogno solo per sfamarci. Il 70% del consumo idrico mondiale è destinato all’agricoltura, una percentuale molto alta considerando le condizioni in cui si trova la nostra Isola in questo momento.
Un utilizzo che però inizia ad essere problematico, secondo la Fao (l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura), infatti, l’agricoltura è uno dei settori più vulnerabili al cambiamento climatico, catastrofi naturali che colpiscono duramente il settore agricolo nei Paesi in via di sviluppo, con danni stimati a 108 miliardi di dollari all’anno. Di questi, il 34% è causato proprio dalla siccità, con un impatto economico di 36,7 miliardi di dollari all’anno, mentre il 9% è dovuto a infestazioni e parassiti, con un costo di 9 miliardi di dollari all’anno. Viene naturale chiedersi come faremo nel futuro prossimo. Quel che stiamo facendo oggi, e quello che stanno facendo gli agricoltori che si trovano ad affrontare queste difficoltà, è aumentare la quantità di suolo destinato all’agricoltura, ogni anno, infatti, 10 milioni di ettari di terre vergini vengono convertite all’attività agricole. Tuttavia, questa non può essere la soluzione al problema. Così si va a intaccare la biodiversità e l’equilibrio degli ecosistemi globali, “di questo passo, entro il 2050, sarà necessaria un’ulteriore area di dimensioni paragonabili a quella del Brasile per soddisfare la crescente richiesta di cibo“.
Da quanto è emerso dal Consiglio dei Ministri qualche giorno fa (CLICCA QUI) è arrivato il via libera allo stato di emergenza nazionale per la siccità in Sicilia, come richiesto dalla giunta regionale, per una durata di 12 mesi, stanziando i primi 20 milioni di euro, con la possibilità di incrementare le risorse in tempi brevi già nel corso dell’attuazione dei primi interventi. Il governo siciliano ha già stilando una lista degli interventi necessari per ridurre gli effetti della crisi. Le soluzioni proposte dalla cabina di regia, guidata dal governatore e coordinata dal capo della Protezione civile regionale, sono differenziate in base ai tempi di realizzazione.
E se la soluzione fosse la tecnologia?
La necessità è sviluppare strategie di sostenibilità per l’agricoltura, al fine di mitigare gli impatti negativi sulle risorse naturali e di garantire quanto è possibile la sicurezza alimentare. È necessario sfruttare in maniera più intelligente le risorse, evitando lo spreco e aumentando le rese. E’ sempre stato fatto con la chimica ma oggi la svolta è la tecnologia digitale e, in particolare, quella sensoristica. Negli ultimi anni sono aumentati e stanno continuando ad aumentare le attrezzature utilizzate in agricoltura, computer e altri “aiuti” informatici e digitali. E’ un trend in continua crescita.
Ma di quali tecnologie stiamo parlando? Oggi quelle che davvero possono contribuire a una reale spinta verso l’ottimizzazione dell’agricoltura sono l’Internet of Things (IoT) e l’intelligenza artificiale (AI), che permettono di raccogliere informazioni e dati aggiornati sulle colture, di sincronizzare la produzione e la vendita. Dall’altro lato abbiamo anche la tecnologia sensoristica. Quest’ultima, se combinata con i sistemi di AI, permette di monitorare costantemente e in tempo reale le colture. La tecnologia dei sensori è un termine generale che viene utilizzato per le tecnologie che quantificano e utilizzano le informazioni ottenute dal rilevamento. La tecnologia dei sensori include la misurazione, la quantificazione e la trasmissione. I dati che vengono raccolti riguardano i parametri vitali delle colture al fine di identificare eventuali situazioni di stress e correre ai ripari prima che si verifichino danni irreversibili, o ancora di monitorare quanta acqua serve a una coltura al fine di evitare gli sprechi.
Sensori meteorologici, di suolo, di irraggiamento e di temperatura, immagini satellitari e droni, tutte tecnologie in grado di raccogliere dati ambientali che servono a capire ad esempio dal suolo o dall’umidità dell’aria se una data coltura sta bene o no e quindi di agire di conseguenza, misurando e ottimizzando l’utilizzo di pesticidi e acqua a seconda della situazione.
Negli ultimi anni, inoltre, la tecnologia sensoristica ha fatto passi da gigante, è addirittura possibile fare un’analisi diretta dello stato di salute di una pianta, tutto attraverso l’analisi della linfa. Si tratta di un sensore biocompatibile, non invasivo, grande come uno stuzzicadenti che oltre a vedere il flusso di linfa in tempo reale, riesce anche a determinare la composizione. Il sensore funge da “sentinella”, producendo una sorta di elettrocardiogramma, i dati poi vengono rielaborati grazie all’ausilio dell’intelligenza artificiale.
In generale, le tecnologie sensoristiche in agricoltura consentono alle aziende agricole di migliorare la produttività e la qualità delle coltivazioni, unitamente ad un risparmio economico diretto in termini di riduzione dell’irrigazione, di fertilizzanti e di fitofarmaci.
Quindi, la risposta è nell’intelligenza artificiale? Si parla sempre più spesso di normare eticamente l’AI. I pesticidi hanno un impatto negativo sull’ambiente e sulla salute umana, i fertilizzanti invece sono complici dell’impoverimento del territorio. Le tecnologie di questo tipo, di contro, aiutano a ridurne l’utilizzo. Bisogna effettivamente trovare degli strumenti che non invadono o modificano la natura dei prodotti ma cercano solo di gestire al meglio tutte le risorse, questa è la strada da seguire, forse l’unica che abbiamo a disposizione.