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Dal grano al pane, una mostra nel complesso monumentale Sant’Antonino
di Angela Sciortino

pane-Burgio

(di Luigi Noto) C’è grano e grano. Quando si parla di questo prodotto agricolo di grande importanza per l’alimentazione dei popoli mediterranei bisogna essere più precisi. C’è il grano duro (quello per fare la pasta, ma spesso usato anche per fare i pani tipici della tradizione), e quello tenero usato prima solo per fare I dolci, successivamente anche per il pane. Ci sono grani antichi, oggi in grande spolvero, e ci sono i grani moderni frutto di selezioni genetiche avanzate.

pane-mulinoIl tema del grano, visto da tante angolazioni, da quella storica a quella antropologica, da quella sociologica a quella agronomica è stato al centro di una iniziativa del Sistema Museale dell’Ateneo palermitano che, in collaborazione con la Fondazione Ignazio Buttitta, ha allestito la mostra “Pane al Pane: il ciclo del grano“ curata da Monica Modica in occasione della “restituzione” a Palermo di una testimonianza di archeologia industriale: il vecchio molino che, all’interno del complesso monumentale di Sant’Antonino con l’intatto sistema di tramoggie, pulegge, ingranaggi e macine per la lavorazione del grano, ha prodotto semole e farine fino al dopoguerra.

Sin dal XVIII secolo la varietà più coltivata per la produzione di pane e pasta, era la “tumminìa” (in italiano si chiama Timilia) un tipo di grano duro, seminato in inverno avanzato o in primavera quando le semine autunnali fallivano o non potevano essere effettuate per le condizioni meteorologiche avverse. Si usava il grano tenero per il pane che si portava sulle dei nobili cittadini e che, seppur morbido e simile a una brioche, risultava sensibile alle alte temperature e inadatto alla conservazione. Il grano tenero era anche chiamato “robba ìanca” o “robbabbianca”, ed inizialmente era molto più usato per fare i biscotti e i dolci secondo l’uso introdotto dai monsù.

pane-grani-antichiI cereali sono un alimento “vecchio” che accompagna le nostre abitudini alimentari sin dall’antichità, ma non per questo, quando oggi si parla di “grani antichi”, ci si riferisce a quelli che venivano coltivati alcuni secoli fa. Sono quelli coltivati fino a prima della seconda guerra mondiale o meglio degli anni ’60 – epoca in cui ebbe inizio una Intesa attività di ricerca e di miglioramento genetico – i grani antichi oggi oggetto di rivalutazione e valorizzazione. Negli ultimi cento anni la nostra alimentazione è cambiata moltissimo a seguito dell’introduzione di nuove tecnologie produttive sia nella coltivazione che, e soprattutto, nella trasformazione industriale. Innovazioni che hanno reso estremamente più contenuti i tempi di produzione ed evoluzioni che hanno interessato anche il patrimonio genetico del grano che è stato selezionato per ottenere piante con fusto molto basso per ridurre il rischio di “allettamento” (coricamento) ottenendo così il sicuro aumento della resa produttiva per ettaro.

Il ciclo del grano, gli antichi attrezzi, i canti dei mietitori, i modi di dire, le parole, le testimonianze fotografiche sono stati tutti raccolti in una curatissima mostra e un altrettanto ricco convegno che è stato concluso da una degustazione finale curata da Bonetta Dell’Oglio e basata, ovviamente, sul pane, accompagnato da companatico locale: olio extravergine di oliva, pecorino Dop, pomodoro secco, cipolla e acciughe. Tutti prodotti siciliani offerti da Gustoso – Sicilyfood, Confcommercio, Molini Riggi, Oleificio Asaro, Pandittaino, Sicilformaggi, Saporapp e Tasca D’Almerita.

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